Erano in molti a leggere nel finale agrodolce del loro ultimo film una sorta di addio alle scene per il trio comico più apprezzato d'Italia, compagno fedele per decenni di risate e tormentoni grazie a capolavori entrati di diritto nella storia della commedia tricolore (noi abbiamo addirittura osato classificarle, riscoprite la nostra versione de La scelta di Sophie con la classifica dei migliori film di Aldo Giovanni e Giacomo).
I tristi presagi di commiato vengono invece spazzati via da un ritorno convincente e deciso sul grande schermo, perché a pochi giorni dal Natale - nella programmazione allucinante dei film in sala di Dicembre 2022 - Aldo, Giovanni e Giacomo tornano nelle nostre vite con Il Grande Giorno, diretti da un Massimo Venier come al solito grande valore aggiunto alla produzione. La nuova avventura al cinema dei tre migliori amici si allontana dalle classiche modalità della commedia italiana, sfiorando le sensazioni inglesi e transalpine nella loro esplorazione di una fine, per un'opera malinconica che riesce a divertire ma anche a proporre interessanti spunti di riflessione.
Consuoceri protagonisti
Il giorno delle proprie nozze è uno dei momenti più stressanti della vita di un adulto: catering, organizzazione ed invitati si uniscono al terribile dubbio di star compiendo una follia, ma bisogna mantenere le apparenze ed è per questo che ci si stampa un sorriso beato in faccia e si continua a camminare verso l'altare. È complicato capire chi siano i due sposi che certificano la propria unione nella splendida villa privata sul lago di Como, perché i giovani Elio e Caterina (Giovanni Anzaldo e Margherita Mannino) non hanno alcuna voce in capitolo sull'evento, il quale è invece organizzato fin nei minimi dettagli da Giovanni, il padre di lei, e Giacomino, padre di lui.
I due si apprestano a diventare consuoceri agli occhi di Dio dopo un'amicizia ultra-decennale ed inossidabile, che li ha portati anche a fondare la Segrate Arredi, un'azienda che produce mobilio di gran classe. Giovanni è un sognatore, e come suo solito non bada a spese per rendere il grande giorno sfarzoso ed opulento: vino pregiato, fuochi d'artificio, un celeberrimo maitre alla direzione - nel campo è considerato il Riccardo Muti del catering - e addirittura un Cardinale a celebrare il rito, costringendo ancora una volta l'oculato ed attento Giacomino (leggasi tirchio) ad arginare come può le colossali spese dell'evento.
Si prospettano tre giorni infuocati ed indimenticabili per i numerosi invitati alla cerimonia, tra i quali figura anche l'affascinante e temuta Margherita (Lucia Mascino), ex-moglie di Giovanni, che si presenta sull'isola con il suo nuovo compagno. Le voci che la descrivevano al fianco di un nobiluomo si rivelano infondate, perché Aldo è un fisioterapista bonario ed espansivo, capace di ravvivare le situazioni più smorte ma anche di mandare all'aria ogni singola tappa di queste nozze.
Maledetta primavera
È proprio vero che con gli anni si diventa più riflessivi e malinconici, perché anche l'uragano Aldo, Giovanni e Giacomo si scopre fine osservatore della realtà dopo aver superato il traguardo dei tre decenni (magari in futuro la carriera di Aldo Giovanni e Giacomo verrà inserita nei libri di storia):
lontana dalle magnifiche sensazioni di opportunità e spensieratezza che avevano scolpito i loro film precedenti negli annali del cinema, l'ultima pellicola diretta da Massimo Venier propone una riflessione sul senso di una fine, contrapponendola con delicatezza all'illogica propensione che durante la vita ci porta ad apprezzare soltanto gli inizi, ripudiando e temendo le conclusioni come se fossero qualcosa di evitabile. Il sodalizio del matrimonio è, in questo aspetto, l'esempio ideale della confusione e dei dubbi più spaventosi, e la sceneggiatura gioca intorno ai ruoli di Giovanni e Giacomo - creando paralleli e incongruenze con i personaggi degli sposi - portando sullo schermo non solo la certificazione dell'affetto, ma anche l'avvilente sensazione che la vita giovanile finisca dopo il fatidico sì. Quest'ultima considerazione sembra scolpita nella pietra guardando ai matrimoni ed alle vite lavorative dei due consuoceri, che come tanti altri adulti hanno ormai dimenticato cosa significa divertirsi e portano avanti la loro solita esistenza tra obblighi e scadenze, votati al sacrificio personale ed al silenzio ottuso pur di mantenere uno status quo che nemmeno li rende felici.
In questo scenario di dura concretezza si inseriscono Aldo e la sua energia scoppiettante, il suo amore passionale e l'espansività che lo portano ad affezionarsi a tutti, peccando a volte di ingenuità ma approcciando la vita con il sorriso e la voglia di prenderla a morsi. In un cast che si presenta variegato e molto ampio, il ruolo centrale del trio si apre - come era già successo nel film precedente, che potete recuperare con la recensione di Odio l'Estate - alle influenze esterne uscendone rinvigorito e non umiliato, perché sarebbe stato folle aspettarsi da loro quella potenza fisica e visiva che li portava ad essere protagonisti solitari nei film storici.
Vecchie glorie e nuovi spunti
Assumono così un'importanza cruciale nell'economia narrativa - ma anche nella gestione dei tempi comici - i personaggi delle mogli di Giovanni e Giacomo (Elena Lietti e Antonella Attili), non solo compagne per i loro uomini ma soprattutto donne credibili alle prese con paure e speranze.
Leggermente fuori fuoco appare per assurdo la coppia fondamentale dei promessi sposi, la cui narrazione nel contesto giovanile del cast secondario sembra a tratti forzata e poco chiara, utile per veicolare il messaggio drammatico della pellicola ma senza riuscire a coinvolgere direttamente lo spettatore. Tra spunti riflessivi ed una dolce malinconia di sottofondo, Il Grande Giorno imbastisce un senso comico perfettamente in linea con la tradizione di Aldo, Giovanni e Giacomo, pescando a piene mani dal loro repertorio classico per riproporre in una nuova veste protagonisti indimenticabili. Non avevamo mai conosciuto un Giovanni esagerato e spendaccione (per noi è sempre stato bastardo e pignolo), ma Giacomino è il solito rottame umano che lotta tra patologie reali e fittizie - soprattutto con i problemi di stomaco che gli hanno fatto (ri)guadagnare il soprannome "vomitino" - ed il loro rapporto sullo schermo è sempre esilarante e plausibile, seppur in alcuni intrecci ricordi molto da vicino le evoluzioni di un altro film che non vi anticipiamo.
A loro si affianca il solito amabile Aldo, un guascone da abbracciare perché i suoi errori sono sempre in buona fede, che proprio non ci può credere di trovarsi in una famiglia di cui conosce ogni singola persona come se fosse un suo parente. Forte di un'unica (splendida) ambientazione e privo del classico viaggio in auto, l'ultimo sforzo del trio sembra una commedia più inglese che italiana, lontana dalle storiche sensazioni provate con i loro classici ma in qualche modo affine ad esse: un film dolce e malinconico che testimonia la crescita tematica di personaggi chiave per il nostro cinema, capaci di far ridere e riflettere come hanno saputo fare soltanto i grandi comici del passato.